The winners

1st Prize – Tonnara di Scopello (TP)

© Silvia Ferro

Supirchiarìa

La Sicilia non è mia, no. 
Lo è il profumo della mia infanzia,
lenzuola di lavanda e leccornie antiche.
Mio è il suono delle risa, delle scarpe
sporche sulla terra gialla e immacolata.
Mi appartiene la Storia del mondo e ciò
che impèra da vite fra gli olivi di Girgenti.
È mio il labiale delle preghiere della mia nonna.
Ma figli illegittimi sono i campi arsi dai
soliti noti, le note stonate
di mille vane campane.
Non sono miei i fuochi, i baci, né le mani.
No.
La Sicilia non è mia.
Ma mancu di vossìa.

Supirchiarìa

Sicily is not mine, no.
The scent of my childhood is,
lavender sheets and ancient delicacies.
Mine is the sound of laughter, of dirty
shoes on the yellow and immaculate ground.
The History of the world belongs to me and what
has ruled for generations among the olive trees of Girgenti.
Mine are the lips of my grandmother's prayers.
But illegitimate children are the fields burned by
the usual suspects, the out of tune notes
of a thousand vain bells.
The fires, the kisses and the hands are not mine.
No.
Sicily is not mine.
But it is neither yours.

La tonnara di Scopello, una gemma poco conosciuta fra i turisti (e i locali). È una delle più antiche tonnare della Sicilia e la sua costruzione risale al XIII-XIV secolo. Si trova nell’area di Castellammare del Golfo, in prossimità dei faraglioni di Scopello (Trapani).

2nd Prize – Lago di Mezzola (SO)

© Andrea Marco Bernardinello
Nascosta dalle propaggini del monte Berlinghera, sulla destra, dove sembra impossibile trovare alcunché di edificato, una massicciata scende dalla strada per Dascio alle acque del fiume Mera, un paio di chilometri prima che questo si immetta nel Lario. Qui, sotto i rami di un fico selvatico, ho passato lunghe ore in compagnia di mio padre e di un suo amico a pescare anguille e bottatrici nelle serate estive, dopo il tramonto. Le attività legate alla pesca, la preparazione delle canne, delle lenze, delle esche, il lancio e la sistemazione del campanello (il "donka" di una pièce dedicata a Čechov) si alternavano all'osservazione del cielo, col passaggio dei satelliti e degli aerei tra le stelle, ai racconti di giovanili battute di pesca, alle imprecazioni rivolte ai motoscafi che passavano veloci sul fiume mettendo a repentaglio l'incolumità delle lenze. Una sera, incuriositi dal trambusto proveniente dai rami del fico, puntammo le nostre torce sull'albero, scoprendo un ghiro che rimase immobile a fissarci, abbagliato dalla luce delle lampade elettriche.

Ricordo lo stupore di un'altra notte, in cui l'ora e la stagione avanzata ci svelarono dietro alle montagne il sorgere di una manciata di stelle, una appresso all'altra. Avevo scoperto le Pleiadi.

Invisibile nella notte, il Pian di Spagna accoglie gli uccelli di passo durante il periodo delle migrazioni, ma in zona si possono osservare tutto l'anno germani, folaghe e altre specie di uccelli acquatici. In certe serate il continuo gracidare delle rane forma un letto sonoro che sovrasta delicatamente il sommesso ronzio di una vicina linea ad alta tensione, unico neo del paesaggio. Anche gli uccelli lanciano i loro richiami nell'oscurità.

L'accendersi e spegnersi delle luci di una casa oltre il fiume scandiscono le attività che preludono al sonno, come in una reminiscenza pascoliana.

Di questo idillio non posso dire se i mutamenti della viabilità abbiano preservato l'incanto - un incanto molto personale, lo so - o se oggi il rumore dei motori e i sochi luminosi dei fari delle automobili feriscano il quadro che ho tratteggiato.

Durante il giorno le montagne attorno si impongono alla vista, chiudendo l'orizzonte in ogni direzione. Una cicatrice mostra quello che rimane di una cava abbandonata a mezza costa propro di fronte alla massicciata. Per chi arrivi dal Lago di Como, le montagne che preludono alla Valchiavenna e nascondono tra le loro pieghe l'accesso alla Val dei Ratti e alla Val Codera, questa irraggiungibile se non a piedi, paiono segnare un confine definitivo del mondo, quasi un finis terrae, un nec plus ultra invalicabile. Ricordo un pomeriggio invernale in compagnia di un amico, che all'epoca faceva da guida naturalistica alle scolaresche nel Pian di Spagna; eravamo in un prato, avvolti dalla nebbia che costituiva un recinto quasi netto tutt'attorno a noi, ma sopra di essa, ecco comparire le vette delle montagne più vicine, visione irreale, onirica.

Procedendo verso l'abitato di Dascio si trova la casa del pescatore da cui più facilmente compravamo pesci quando volevamo toglierci la voglia: difficle rientrare con più di due prede nel cestino. Lavarelli, filetti di pesce persico o di scardole, tinche; la pesca la faceva di professione, con le reti nel lago. La moglie e i figli (tre?), già da bambini sfilettavano il pescato su richiesta del cliente. Di lui conservo una foto in bianco e nero. È in piedi, sulla barca - il nome monco di una "a" di un personaggio omerico - mentre rassetta le reti. C'è tutta la stanchezza di un uomo che ha passato la notte al lavoro, ma anche il dolore di un padre che ha perso uno dei figli in un recente incidente. L'abitazione è sopra la strada, e in una cantina c'era un vascone con acqua corrente per mantenere vivi alcuni dei pesci; sotto la strada, vicino al fiume, lo stanzino che fungeva da laboratorio per la pulizia del pesce. Si arrivava e si citofonava; di solito era la signora a scendere, se non era già da basso a lavorare.

Non molto oltre, il paese segna la fine della strada. Poche case, una piazzetta, una chiesa nello stile di queste parti, a colori pastello. Ero bambino quando affittammo una barca a remi per una breve escursione sullo specchio d'acqua che si allarga davanti alle case, breve crociera su un lago d'olio.

Questo il paesaggio visto dalla parte della strada schiacciata tra monte e fiume, niente di eclatante, da lasciare incantati o ammirati, forse vivo solo nelle mie memorie, alle volte dignitosamente ruvido come la gente di questi posti, ma schietto come loro. Bisogna volerlo scoprire.

Hidden by the offshoots of Mount Berlinghera, on the right, where it appears impossible to find anything built, a roadbed descends from the road to Dascio to the waters of the Mera River, a couple of kilometers before it flows into the lake. Here, under the branches of a wild fig tree, I spent long hours in the company of my father and a friend of his, fishing for eels and burbot during summer evenings, after sunset. Activities related to fishing, the preparation of the rods, the lines, the bait, the throwing and the setting of the bell (the "donka" of a play dedicated to Chekhov) alternated with observation of the sky, with the passage of satellites and airplanes among the stars, the stories of youthful fishing trips, curses addressed at the speedboats passing quickly on the river endangering the safety of the lines. One evening, intrigued by the hustle and bustle coming from the branches of the fig tree, we pointed our torches at the tree, finding a dormouse who stared at us motionless, dazzled by the torchlight.

I remember the amazement of another night, when the time and the advanced season revealed the rising of a handful of stars to us behind the mountains, one after another. I had discovered the Pleiades.

Invisible at night, the Pian di Spagna welcomes birds passing during their period of migration, but in the area you can see ducks, coots and other species of water birds all year round. On certain evenings, the continuous croaking of frogs forms a bed of sound that delicately overpowers the subdued hum of a nearby high-voltage power line, the only blemish of the landscape. Birds, too, make their calls in the darkness.

The turning on and off of the lights of a house across the river punctuates the the activities that prelude sleep, as in a Pascolian reminiscence.

I can't say whether the changes in the road system have preserved the enchantment of this idyll - a very personal enchantment, I know - or whether the noise of the motors and the bright lights of the car headlights have today hurt the picture I have sketched.

During the day, the surrounding mountains impose themselves on the view, enclosing upon the horizon in every direction. A scar shows what remains of an abandoned quarry halfway up the hillside in front of the embankment. For those arriving from Lake Como, the mountains that prelude to Valchiavenna and hide among their folds the access to Val dei Ratti and Val Codera, unreachable if not on foot, seem to mark a definitive border of the world, an almost finis terrae, an impassable nec plus ultra. I remember a winter afternoon in the company of a friend, who at the time was acting as a nature guide for schoolchildren in the Pian di Spagna; we were in a meadow, enveloped by fog that formed an almost clear fence all around us, but above it, the peaks of the nearest mountains appeared, an unreal, dreamlike vision.

Proceeding towards the village of Dascio is the fisherman’s house where we more easily bought fish when we wanted to quash our cravings; it is difficult to finish up with more than two prey in your basket. Whitefish, perch fillets or rudd, tench; he was a fisherman by profession, with nets in the lake. His wife and children (three?), already as children filleted the catch at the request of the customer. I have a black and white photo of him. He is standing on his boat – named after a Homeric character with a missing “a”- while he is cleaning the nets. He displays the tiredness of a man who has spent the night at work, but also the pain of a father who has lost one of his sons in a recent accident. The house is above the road, and in a cellar there was a large tank with running water to keep some of the fish alive; below the road, near the river, there was a small room that served as a laboratory for cleaning fish. One we arrived and had rung the intercom, it was usually the lady who came down, if she was not already downstairs working.

Not much further on, the village marks the end of the road. A few houses, a small square, a church in the local style, in pastel colors. I was a child when we rented a rowboat for a short excursion on the stretch of water that expands in front of the houses, a short cruise on a lake of oil.

This is the landscape seen from the side of the road squeezed between the mountain and the river, nothing striking, nothing to leave one enchanted or in admiration, perhaps alive only in my memories, at times dignifiedly rough like the people of these places, but frank like them. You have to want to discover it.

The photo depicts the area immediately north of Lake Como, dominated by the mountains Legnone and Legnoncino, in the background of the image. In the foreground, Lake Mezzola; beyond, the Pian di Spagna.

3rd Prize – Cassano Murge (BA)

© Giuseppe Rizzo
Mentre il sole tramontava, il ragazzo, che osservava quel paesaggio, ripensava a tutto quello che aveva vissuto nella sua vita: gioie, dolori, vittorie e sconfitte. Quel suo complessivo senso di amarezza, si stava progressivamente placando man mano che i colori del cielo diventavano più tenui.   Non sapeva cosa avrebbe fatto l’indomani, ma sapeva dove avrebbe voluto essere: esattamente lì, per poter godere di un altro tramonto come quello (forse più bello) con gli stessi colori e con gli stessi profumi che lo circondavano in quel momento.

As the sun was setting, the boy, who was observing that landscape, reminisced about
everything he had experienced during his life: joys, sorrows, victories and defeats. His
overall sense of bitterness was gradually subsiding as the colors of the sky became more
muted. He didn’t know what he would have done the next day, but he knew where he
wanted to be: precisely there, to be able to enjoy another sunset like that (perhaps even
more beautiful) with the same colors and the same scents that surrounded him in that moment.

Campagna nella zona di Cassano Murge (Bari)